“Il Grande Tradimento” (don Eugenio Lauda)

Gli argomenti trattati nella dispensa di don Eugenio Lauda riguardano la dottrina della Chiesa Cattolica, il cui insegnamento negli anni spesso è stato trascurato e accantonato, con la conseguenza di arrecare nel popolo Cristiano
confusione e impoverimento dottrinale.
Lo scritto di don Eugenio ha il pregio di riprendere e sottolineare l’importanza e il valore di tali argomenti attraverso una sintesi chiara, pregevole e rigorosa.
Di seguito si riportano alcuni dei punti fondamentali trattati nello scritto:

  • La Fede non si può concepire come sentimento;
  • L’ateismo ispirato dall’era razionalistica occulta la rivelazione divina che si è poi realizzata pienamente nell’incarnazione di Gesù Cristo;
  • Gesù soltanto uomo e non veramente anche Dio (errore antico e moderno, ben confutato da don Lauda);
  • La Tradizione che è il fondamento della Bibbia è per l’insegnamento e non per il dialogo;
  • La Redenzione come manifestazione dell’amore infinito di Dio;
  • La Salvezza possibile a tutti ma solo all’interno della Chiesa Cattolica;
  • Crisi e confusione dottrinale all’interno della Chiesa Cattolica;
  • La Giustificazione e la Grazia santificante dei Sacramenti;
  • La Santa messa e l’Eucarestia come “mistica ripetizione” del sacrificio redentivo della Croce che trascende il tempo e lo spazio.

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Biografia di don Eugenio Lauda

Don Eugenio Lauda (2/5/1919 – † 15/8/2004) nasce a Greci un grazioso paese albofono (fondato dal celebre principe albanese Giorgio Castriota Scanderberg) il 2 maggio 1919 da Giovanni e Carolina Meola. Frequenta gli studi ginnasiali presso il seminario arcivescovile di Napoli e quelli liceali presso il collegio “La Quercia” di Firenze. Completa la sua formazione teologica presso il seminario Pontificio di Molfetta (Ba); viene ordinato sacerdote, per l’imposizione delle mani di Monsignor Agostino Mancinelli, arcivescovo di Benevento, il 12 agosto 1945. La sua formazione spirituale culturale è segnata drammaticamente dal secondo conflitto mondiale.
Il suo primo incarico è quello di l’economo spirituale di Baselice al fianco di Monsignor Carmine Iarossi, una figura straordinaria di sacerdozio verso cui il giovane don Eugenio prova per sempre ammirazione. I pochi mesi trascorsi a Baselice segnano positivamente
l’itinerario spirituale di don Eugenio che viene nominato parroco di San Paolo Apostolo in Dentecane di Pietradefusi, dopo aver brillantemente superato il concorso per l’assegnazione della parrocchia.
Lo Zelo pastorale non gli fa dimenticare i suoi impegni culturali; al contrario, con una non comune passione va approfondendo i suoi studi umanistici e filosofici (a Firenze, per alcuni mesi, appena dopo l’ordinazione sacerdotale, frequenta un Ateneo di studi filosoficoteologici, continuando, poi, da autodidatta, ad approfondire le sue ricerche). Quando il 13 agosto 1945 il 26-enne don Eugenio presiede la sua prima messa, ha nel cuore due diverse, se non opposte, passioni: l’amore per la scienza e lo Zelo per la carità.
Forse ciò che colpisce di più è l’attività svolta dal novello sacerdote. Molti attendono un suo ritorno agli studi. Altri ancora, consci dell’acutezza dell’ingegno e della vastità della cultura, lo immaginano percorrere una delle tante strade che opportunamente valorizzano, nella chiesa, i figli migliori. Nessuno pensa che don Eugenio debba restare sempre ciò che nel segreto dell’anima si è proposto di rimanere: solo e unicamente sacerdote. Don Eugenio conosce: gioie e dolori, e patisce tutto, per sé e per gli altri. Vive nel mondo ma non è del mondo.
Muove guerra al peccato e all’errore, ma ama come fratelli gli erranti. Molte volte, dopo aver negato l’assoluzione al peccatore impenitente, fuori dal confessionale lo avvicina, gli parla cuore a cuore, fino a fargli versare lacrime di sincera contrizione; allora lo abbraccia e si commuove anch’egli fino al pianto. Salvare le anime dal peccato e dall’orlo del precipizio infernale – come va dicendo – è il suo cruccio. La fede, per lui, è una crociata in favore di Cristo: per essa patisce ogni avversità. I libri prima ancora i volantini appaiono a lui come formidabili armi da apostolato.
Diventa scrittore per vigorìa di volontà e per combattere l’errore ovunque si cela. Profonda scienza e non comune sapienza gli permettono di approfondire la “philosophia perennis” e la teologia scolastica, con il solo scopo di dare lode a Dio e aiutare le anime a non cadere nei lacci dell’errore.
La sua natura schiva e riservata è fatta per la contemplazione e il suo pudore, che egli ha di ogni affetto e sentimento più caro, traluce nelle più piccole cose. La predicazione è un’altra arma di conquista. Gli mancano forse il calore della voce e l’immediatezza del l’estrinsecazione, ma non il lievito delle idee e il contenuto, che comunica con facilità di eloquio e non comune disinvoltura.
Egli avverte sempre nel suo cuore il vivo e palpitante desiderio di condurre le anime a Cristo e le avvicina tutte: rosse, verdi, repubblicani e socialiste e democristiane o come che fossero.
Don Eugenio sacerdote di Cristo ha sete di anime. Così Inizia il suo lavoro pastorale bussa di porta in porta molte si aprono e solo qualcuna rimane chiusa. Ove non può arrivare con la parola, tenta di giungere con la stampa e soprattutto con la carità.
Salvare le anime! Salvare le anime sempre in ogni situazione e con ogni mezzo.Salvarle dal mondo vivendo ed agendo con i mezzi del mondo è il suo assillo. “Tutto può mancare al sacerdote sul campo – dice – tranne Dio e le anime”. E la verità e l’amore sono il suo mezzo per portarle a Cristo, considerandole tutte assetate di giustizia, verità e bontà. La sua carità è rafforzata dalla saggezza e dalla più recisa ortodossia di pensiero. Non vi è errore dei nostri tempi che non sia da lui smascherato e combattuto o deviazione che non sia segnalata. Egli, così mite sempre, così proclive al perdono e alla rassegnazione diventa inflessibile solo nel campo delle idee. La cristallina purezza della fede la vede minacciata dalle insidie del rinascente idealismo positivista, nel duplice aspetto: religioso e sociale.
Per questo motivo si sente in dovere di richiamare i sacerdoti alla cura della salute eterna di tanti fedeli, per sventare il pericolo della salvezza delle anime loro affidate. Lavorare nella città umana per condurla verso la città celeste: è lo scopo del suo essere sacerdote. Perciò, anche nell’animare l’impegno di quanti partecipano attivamente alla vita politica, è sacerdote ed apostolo. Muore il 15 agosto 2004 dopo atroci sofferenze a causa di un male incurabile che ha determinato l’inizio del suo lento declino. Nella lotta sostenuta per quasi 60 anni, nel prodigarsi in ogni opera di bene, nell’accorrere ovunque vi fosse un’anima da sollevare, nell’obbedienza ai suoi Vescovi e nella serenità, si è forgiato in Cristo, restando fedele all’abito talare e al breviario e sempre inginocchiato all’altare della sua parrocchia nella recita del santo rosario con i suoi fedeli. Alla morte si è preparato: sul suo volto, come sempre sereno, si è stesa l’ombra della Croce di Cristo. Sacerdote santo, dal cuore nobile è generoso, di ingegno vivace ed effervescente, teologo profondo e intransigente in relazione alla verità, ci parla ora con il loquace silenzio della morte, attraverso le sue opere e i suoi scritti.

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